Il sistema alimentare industriale è uno dei corresponsabili della crisi climatica ed ecologica.
Lunghe catene di produzione e distribuzione orientate al profitto, allevamenti intensivi, monocolture, pratiche agronomiche energivore e basate su grandi quantità di input chimici (pesticidi, fertilizzanti, ecc.) hanno conseguenze rilevanti in termini di emissioni climalteranti e degrado degli ecosistemi.
Tutto ciò impatta la sfera sociale nella misura in cui contribuisce a generare un circolo vizioso che coinvolge salute, vivibilità dei territori e condizioni di accesso ad un’alimentazione adeguata.
Per rispondere a queste sfide, nel dibattito pubblico si stanno facendo largo nuovi paradigmi – come quello biotecnologico, la climate smart agriculture e l’intensificazione sostenibile – che però si pongono l’obiettivo di attenuare gli impatti negativi del complesso industriale del cibo senza metterne in discussione i presupposti.
Questi tentativi, proprio perché si muovono entro i confini dell’attuale modello, risultano inefficaci nel proiettare i temi della sostenibilità ecologica e sociale su un orizzonte di lungo periodo.
Alternativo ad essi, l’approccio basato sull’agroecologia contadina mette all’ordine del giorno la radicale trasformazione dei sistemi del cibo.
Tra i suoi punti cardine troviamo: riduzione degli input esterni, efficienza energetica, biodiversità, relazioni solidali tra i diversi attori delle filiere e attenzione all’equa distribuzione della ricchezza.
Esso appare, di conseguenza, come tassello fondamentale della possibile transizione ad un sistema economico e sociale più giusto ed in grado di rispondere efficacemente alla crisi eco-climatica.
È possibile, partendo da queste considerazioni, immaginare l’agroecologia contadina come componente di un più ampio movimento per la giustizia climatica e sociale?
È possibile, cioè, costruire, pur partendo da differenti punti di accesso, uno spazio di iniziativa comune tra chi lotta per la trasformazione dei sistemi alimentari e chi si batte per un nuovo modello energetico, per la salute e per la salvaguardia dei territori?