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Comune-info 05/03/2024

Le trecento persone che si sono incontrate a Roma per la tre giorni “Cambiare il campo” hanno messo a confronto esperienze e desideri intorno al tema dell’agricoltura contadina, ma hanno anche dimostrato che è possibile camminare insieme. Un’assemblea permanente tra tanti attori diversi non ha bisogno di essere immaginata, la si crea facendola. La prima proposta è già in campo: un insieme di iniziative diffuse per fermare la deregolamentazione dei nuovi Ogm in Italia e in Europa

Oltre trecento persone provenienti da più di novanta organizzazioni contadine, ambientaliste, dei lavoratori, dell’economia solidale, dai movimenti per la giustizia climatica, dall’accademia e da collettivi autorganizzati si sono incontrate a Roma, in una “conferenza contadina” tenutasi dall’1 al 3 marzo presso la Città dell’Altra Economia. Organizzata da un collettivo promotore, con il supporto del Centro Internazionale Crocevia (e il contributo dell’Unione Buddhista Italiana), la conferenza si è data l’obiettivo di mettere a confronto esperienze, bisogni e soluzioni dal basso per favorire la convergenza di attori che rappresentano un’alternativa già esistente ma sottovalutata al sistema agricolo industriale.

Questo modello, basato su monocolture, chimica di sintesi e ipermeccanizzazione, è responsabile della perdita di biodiversità agricola e alimentare, legato a logiche di standardizzazione e de-stagionalizzazione tipiche della grande distribuzione, corresponsabile della crisi climatica e della strutturale precarietà del lavoro bracciantile.

A questa visione, la conferenza contrappone la forza delle più avanzate pratiche ecologiche nella produzione del cibo, che fanno riferimento all’agroecologia e al concetto di sovranità alimentare coniato dai movimenti contadini internazionali. Queste esperienze sperimentano forme comunitarie e territoriali di economia sociale e solidale, di cura gli ecosistemi, dei diritti sociali e della biodiversità.

L’impegno emerso dalla tre giorni è concretizzare la convergenza dei tanti attori del cambiamento verso un’assemblea permanente delle realtà organizzate, capace di azioni concrete e capaci di incarnare una narrazione nuova e un modello diverso, volto a rispondere alle sfide della crisi climatica, economica e di democrazia che oggi attanagliano il nostro paese e il pianeta in generale.

In questi ultimi mesi abbiamo visto un’accelerazione da parte dei gruppi di interesse dell’agroindustria per far fallire le spinte verso una transizione dell’agricoltura. Per questo è stato importante l’incontro di tutte le realtà che in Italia realizzano ogni giorno una visione diversa.

La conferenza contadina è un primo passo per dimostrare che l’alternativa non è solo possibile, ma è già in atto. Il processo di convergenza verso forme di dialogo nazionale tra le organizzazioni è ciò che serve per mostrare che non si tratta di esperienze singole e atomizzate, ma di attori del cambiamento con la volontà di modificare gli attuali rapporti di forza.

La prima proposta è già in campo: una mobilitazione nazionale per fermare la deregolamentazione dei nuovi OGM in Italia e in Europa. Tra il 25 aprile e il 1° maggio gli attori della convergenza si mobiliteranno sui territori per far sentire la voce di chi difende il principio di precauzione, rifiuta la contaminazione delle proprie colture ad opera di organismi geneticamente modificati e brevettati dalle grandi imprese e vuole mantenere etichettatura e tracciabilità per garantire la libera scelta ai consumatori. A fine maggio si prevede una seconda tappa della campagna contro la liberalizzazione dei nuovi OGM, con una manifestazione nazionale a Roma.

A partire da questi primi appuntamenti, il movimento per la convergenza agroecologica e sociale continuerà il suo lavoro di tessitura e allargamento, per convogliare la ricchezza della diversità degli approcci in una voce organica e capace di fare da contraltare a quella dominante.

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Comune-info 04/03/2024

L’ossessione del mercato per il nuovo, considerato di per sé migliore, ha finito per sviluppare un’allergia per qualsiasi cosa che venga considerata innovativa. Anche nel più interessante pezzo del movimento contadino che si è riunito a Roma per rafforzare le alternative contadine e agroecologiche alla filiera del cibo industriale rimbalza la domanda se sia sufficiente tornare alla forme tradizionali di produzione contadina. In realtà, l’agricoltura contadina ricorda che la tradizione è il frutto di millenni di innovazione dal basso, un processo che è stato rallentato dall’agri-business. E allora, scrive Massimo De Angelis, l’innovazione bisognerebbe chiamarla così, senza peli sulla lingua, compagna, per distinguerla da quelle innovazioni che servono solo a riprodurre il capitale. Nell’innovazione compagna, la misura delle cose che legittima la propria introduzione non è un elemento isolato puramente quantitativo – come l’aumento della produttività o dell’efficienza per l’innovazione capitalistica -, ma una configurazione di bisogni e desideri basata su più fattori: la riduzione del tempo di lavoro, la cura del suolo e degli ecosistemi, l’aumento della redditività delle piccole produzioni contadine schiacciate dal mercato capitalistico, il mantenimento di prezzi a livelli che rende prodotti genuini accessibili….

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E leggi su comune–info.net anche i commenti critici:

  • Giovanni Pandolfini, 04/03/24 “analisi e commento della tre giorni legittimo ma molto personale e scivolosissimo. Anche io ero presente ai lavori della conferenza e quanto espresso in questo articolo è (meno male a mio avviso) tutt’altro che condiviso da molti dei presenti. Un passo falso verso la convergenza auspicata dagli organizzatori
  • Roberto R., 06/03/24 “Si, è bello pensare all’innovazione (e alle tecnologie, e alle energie, e alle scienze, …) come compagne. Bello utilizzarle nei nostri campi e nelle nostre vite per fini differenti da quelli per i quali sono nate. In contesti conviviali, rispettosi dell’umano e dell’oltre-umano, oltre e contro gli schemi dominanti.
    Ma queste innovazioni (e tecnologie, ed energie, e scienze, …) non nascono spontanee. Sono frutto quasi sempre di ricerca e lavoro e tempo governati da progetti pensati e finanziati e sviluppati in un mondo che non vorremmo.
    Per questo non basta pensare all’innovazione compagna ma dobbiamo anche risolvere il problema della <<ricerca compagna>>. Questo dev’essere il prossimo passo.
  • Bernardo G., 07/03/24 “L’innovazione tecnologica si fa con la ricchezza economica da investire in primis nella ricerca e per costruire le macchine non serve solo denaro. Serve disponibilità di risorse minerarie preziose, e serve manodopera (a basso costo di preferenza) ed energia disponibile per costruirle. Poi ci dovremo ancora indebitare per comprarle e per pagare le bollette per farle muovere…
    Questo tipo di ricchezza per questo tipo di innovazione è frutto del gioco dell’economia capitalista che, quando non è di sfruttamento, è un’economia di guerra!
    Quando poi il gasolio, il gas, i metalli e il cibo arriveranno di nuovo alle stelle, dovremo decidere se mettere in moto il trattore per vangare o il furgone per andare a fare il mercato. Altro che innovazione tecnologica! A quel punto guarderemo di nuovo la zappa ma forse non avremo più neanche la terra.”
  • Aldo Zanchetta, 09/03/24 “Il lemma dell’Esposizione Universale di Chicago del 2033 diceva: La scienza scopre – La tecnica applica – L’uomo si adatta.
    Da allora l’uomo è stato costretto sempre più ad adattarsi …
    Questa è la logica intrinseca dell’homo tecnologicus.
    Illich, che lei cita, aveva detto: Quello che più mi preoccupa non è ciò che la tecnica fa ma iò che dice alla mente dell’uomo.
    E oggi sappiamo alcune cose che gli ha detto.”
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Terranuova 04/03/2024

Oltre 300 persone appartenenti a più di 90 organizzazioni contadine, ambientaliste, dei lavoratori, dell’economia solidale, dai movimenti per la giustizia climatica, dall’accademia e da collettivi autorganizzati hanno preso parte alla conferenza contadina “Cambiare il campo” che si è tenuta a Roma dall’1 al 3 marzo. Annunciate mobilitazioni in aprile e maggio.

 Organizzata da un collettivo promotore, con il supporto del Centro Internazionale Crocevia e il contributo dell’Agenda Ecologia di Unione Buddhista Italiana, la conferenza si è data l’obiettivo di mettere a confronto esperienze, bisogni e soluzioni dal basso per favorire la convergenza di attori che rappresentano un’alternativa già esistente ma sottovalutata al sistema agricolo industriale. «L’attuale modello, basato su monocolture, chimica di sintesi e ipermeccanizzazione, è responsabile della perdita di biodiversità agricola e alimentare, legato a logiche di standardizzazione e de-stagionalizzazione tipiche della grande distribuzione, corresponsabile della crisi climatica e della strutturale precarietà del lavoro bracciantile – spiegano i promotori, molto soddisfatti del successo ottenuto dall’iniziativa alla quale ha preso parte anche Terra Nuova – A questa visione, la conferenza contrappone la forza delle più avanzate pratiche ecologiche nella produzione del cibo, che fanno riferimento all’agroecologia e al concetto di sovranità alimentare coniato dai movimenti contadini internazionali. Queste esperienze sperimentano forme comunitarie e territoriali di economia sociale e solidale, di cura gli ecosistemi, dei diritti sociali e della biodiversità».

«L’Unione Buddhista Italiana ha sostenuto con convinzione la prima conferenza contadina, che ha visto una partecipazione straordinaria di persone che traducono l’ecologia profonda in azione quotidiana sui campi – spiega Silvia Francescon, responsabile dell’Agenda Ecologia di Unione Buddhista Italiana – Il nostro impegno è a fianco di chi incarna l’economia della cura: la cura della biodiversità e delle relazioni ecologiche, la cura di un lavoro che dà valore alla dignità delle persone e che promuove un’agricoltura estensiva, non intensiva, un’agricoltura che rigenera e non desertifica, che si fa custode di saperi, non di monocultura. In questi giorni abbiamo assistito a un desiderio di vicinanza delle persone e delle comunità contadine che si è già trasformato in convergenza su proposte concrete. Come Unione Buddhista Italiana rinnoviamo l’impegno a sostenerle e a continuare a diffondere la cultura dell’agroecologia anche attraverso le scuole contadine che sono al centro della nostra azione di cura».

L’impegno emerso dalla tre giorni è quello di «concretizzare la convergenza dei tanti attori del cambiamento verso un’assemblea permanente delle realtà organizzate, capace di azioni concrete e capaci di incarnare una narrazione e un modello diverso, volto a rispondere alle sfide della crisi climatica, economica e di democrazia che oggi attanagliano il nostro paese e il pianeta in generale» spiegano i promotori.

«In questi ultimi mesi abbiamo visto un’accelerazione da parte dei gruppi di interesse dell’agroindustria per far fallire le spinte verso una transizione dell’agricoltura – dice Stefano Mori, coordinatore del Centro Internazionale Crocevia – Per questo è stato importante sostenere l’incontro di tutte le realtà che in Italia realizzano ogni giorno una visione diversa. La conferenza contadina è un primo passo per dimostrare che l’alternativa non è solo possibile, ma è già in atto. Il processo di convergenza verso forme di coordinamento nazionale tra queste esperienze è ciò che serve per mostrare che non si tratta di esperienze singole e atomizzate, ma di attori del cambiamento con la volontà di modificare gli attuali rapporti di forza».

La prima proposta è già in campo, uscita dalla tre giorni come una priorità del mondo contadino: una mobilitazione nazionale per fermare la deregolamentazione dei nuovi OGM in Italia e in Europa. Tra il 25 aprile e il 1° maggio gli attori della convergenza si mobiliteranno sui territori «per far sentire la voce di chi difende il principio di precauzione, rifiuta la contaminazione delle proprie colture ad opera di organismi geneticamente modificati e brevettati dalle grandi imprese e vuole mantenere etichettatura e tracciabilità per garantire la libera scelta ai consumatori. Il 25 maggio si prevede una seconda tappa della campagna contro la liberalizzazione dei nuovi OGM, con una manifestazione nazionale a Roma. A partire da questi primi appuntamenti, il movimento per la convergenza agroecologica e sociale continuerà il suo lavoro di tessitura e allargamento, per convogliare la ricchezza della diversità degli approcci in una voce organica e capace di fare da contraltare a quella dominante».

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Comune-info 24/02/2024

Il loro punto di partenza è un rifiuto: un grido contro le politiche e le narrazioni che sostengono la mercificazione e l’industrializzazione del cibo. Ma quel “No!” abbraccia anche la spinta verso un mondo diverso, che possiamo creare, dicono, qui e ora. Non ci sono forze da accumulare per un domani migliore: possiamo far emergere adesso, ad esempio, le diverse alternative agroecologiche al sistema alimentare industriale. Possiamo farlo perché quelle alternative, con inevitabili limiti, esistono già. Nel promuovere tre giorni di incontri “Cambiare il campo” a Roma (1-3 marzo), il Collettivo per una Convergenza Agroecologica e Sociale, tra l’altro, scrive: “Guardiamo e ci ispiriamo ai movimenti contadini e indigeni, alle lotte contro l’estrattivismo, alle alternative agroecologiche che, ad ogni latitudine, resistono e provano ad affermarsi…”

Dal 1 al 3 marzo si terrà a Roma “Cambiare il Campo”, una grande conferenza contadina in dialogo con i movimenti sociali ed ecologisti (qui programma). Si tratta di un evento che mette all’ordine del giorno la necessità di convergenza tra coloro che vogliono far emergere e rafforzare delle alternative agroecologiche al sistema alimentare industriale. L’abbiamo immaginata come una prima tappa nella costruzione di spazi di iniziativa comune tra realtà rurali e contadine,
esperienze di economia solidale, reti alimentari locali, mondo della ricerca, movimenti sociali e per la giustizia climatica.

Il percorso che porta alla conferenza nasce da persone con storie diverse che insieme hanno partecipato alla costruzione della manifestazione “Convergere per insorgere” del 22 ottobre 2022 a Bologna, convocata dagli operai in mobilitazione della fabbrica GKN di Firenze. In quel contesto abbiamo attraversato, con lo sguardo di chi si batte per l’agroecologia e la sovranità alimentare, un primo importante momento di convergenza tra tante realtà che lottano per una radicale trasformazione della società e dell’economia.

Non volevamo disperdere quel prezioso patrimonio di relazioni e di riflessioni e abbiamo quindi deciso di creare le condizioni per ulteriori momenti di confronto e iniziativa. Così è nato il Collettivo per una Convergenza Agroecologica e Sociale, il cui obiettivo prioritario è proprio quello di organizzare la conferenza di marzo. Da diversi mesi stiamo lavorando alla preparazione di questo evento e nel frattempo il collettivo si è ulteriormente ampliato.

Perché una conferenza contadina? Terra, agricoltura e alimentazione rappresentano oggi questioni di grande rilevanza politica. Il sistema alimentare industriale è ormai ampiamente riconosciuto come corresponsabile dei profondi squilibri socio-ecologici che affliggono il nostro tempo. La sua sete di profitto produce una strutturale dipendenza dai combustibili fossili e una folle caccia alle risorse. Monocolture, allevamenti intensivi, appropriazione privata delle risorse genetiche e brevetti sui semi sono solo alcune delle facce che questo modello distruttivo può assumere. Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: cambiamento climatico, distruzione dei territori, erosione della biodiversità e sfruttamento di lavoratrici e lavoratori, cibo che anziché nutrire danneggia la salute di chi lo consuma.

D’altra parte, però, esistono già delle alternative praticabili. Il contesto italiano è particolarmente vivace da questo punto di vista. Sparso nei territori, infatti, esiste – e resiste – un fitto reticolo di associazioni, realtà rurali, cooperative, associazioni, reti di economia solidale e sindacati che prova a mettere in atto delle alternative concrete al complesso
industriale del cibo, contestandone in modo più o meno esplicito la logica di funzionamento. Queste esperienze mettono in primo piano la necessità di una radicale trasformazione del sistema alimentare. Esse appaiono, di conseguenza, come tassello fondamentale della possibile transizione a un sistema economico e sociale più giusto ed in grado di rispondere efficacemente alla crisi eco-climatica.

Nonostante queste resistenze, però, i processi di industrializzazione dell’agricoltura e del cibo non sembrano in alcun modo arrestarsi. I dati dell’ultimo censimento dell’agricoltura sono impietosi. Il numero di aziende agricole continua a ridursi (negli ultimi vent’anni è più che dimezzato), mentre la loro dimensione aumenta, segno di una forte tendenza alla concentrazione. Il ricambio generazionale è fermo e l’accesso alla terra, soprattutto per i più giovani, è sempre più un miraggio.

Ad essere minate sono le basi stesse di una transizione verso un modello agroecologico che, senza contadini, non è nemmeno immaginabile. Le politiche pubbliche, a tutti i livelli di scala, sostengono attivamente – e finanziano – il consolidamento di queste tendenze, favorendo le unità produttive a più alta intensità di capitale, i grandi gruppi industriali e la GDO. Il tutto occultato da narrazioni tecnocentriche esplicitamente orientate al greenwashing e alla cooptazione selettiva di idee e istanze nate dal basso. L’agricoltura industriale prova così a tingersi di un verde sbiadito, diventando “di precisione” o “climaticamente intelligente”; biotecnologie e OGM di nuova generazione promettono di risolvere in modo miracoloso e in un battito di ciglia tutte le contraddizioni del sistema senza cambiare di una virgola il sistema stesso; la peggior destra arriva persino ad appropriarsi dell’espressione “sovranità alimentare”, patrimonio prezioso dei movimenti contadini transnazionali, istituendo un ministero che porta questo nome.

È evidente la presenza il conflitto in atto tra due prospettive molto diverse ed è chiaro che dobbiamo attrezzarci per riuscire a reggere questo confronto.

Sentiamo quindi la necessità, proprio a partire dai semi di cambiamento che le reti associative, i movimenti e le esperienze diffuse nei territori hanno gettato, di costruire un percorso di ricomposizione e organizzazione.
Serve più che mai una voce collettiva forte e indipendente che faccia propria la battaglia per una radicale trasformazione del sistema alimentare; che metta in discussione le politiche e le narrazioni
che sostengono attivamente la mercificazione e l’industrializzazione del cibo; che faccia emergere e rafforzi le alternative basate sull’agroecologia e sulla sovranità alimentare.

L’idea, dunque, è quella di costruire un percorso che parta dai territori in cui viviamo ma, allo stesso tempo, con lo sguardo rivolto al mondo. Guardiamo e ci ispiriamo ai movimenti contadini e indigeni, alle lotte contro l’estrattivismo, alle alternative agroecologiche che, ad ogni latitudine, resistono e provano ad affermarsi. Ma, in questo momento, il nostro pensiero è anche rivolto a ciò che sta accadendo a Gaza, dove la violenza devastatrice della guerra sta lasciando solo macerie e annichilendo la vita di un popolo in quanto tale. In quell’area si celebra con un massacro l’atto conclusivo di un lungo processo di spossessamento di terra e risorse a spese dei e delle palestinesi. La prospettiva di cambiamento che vogliamo darci non può prescindere dalla solidarietà nei loro confronti. Ed è con questo spirito che invitiamo coloro che si riconoscono in questo bisogno di profondo cambiamento a partecipare all’incontro di Roma del prossimo 1-2-3 marzo.

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