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Palestina

Chi coltiverà e produrrà il cibo del futuro?

Hani Bseiso (doctor) amputated his 17-year-old niece’s leg with a kitchen knife in his home, using only the clothes on his back to stop the bleeding and dish soap to clean her wounds. “An Israeli tank missile hit her when she was on the sixth floor of our building,” Bseiso told CNN. “I didn’t know what to do. I didn’t have anesthesia or any kind of medication.”

“There was no anesthesia. My anesthesia was the Quran which I was reciting,” the niece, Ahed Bseiso, later told a journalist working with CNN in Gaza. The amputation, carried out on her uncle’s dining table, was filmed and shared widely on social media.

“He brought the kitchen knife and cut my leg off with it. And in that moment, I said praise be to God. Because he brought me patience.”

Medicines in Gaza began to run out shortly after the war erupted on October 7. Injuries from intensive bombardment skyrocketed while Israel stifled aid deliveries.

Qui l’articolo originale CNN World, 02-mar-2024

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Attualità

Comunicato della Comunità di Resistenza Contadina Jerome Laronze per il 25 aprile

Oggi la guerra continua ad espandersi sempre di più, devastando e risucchiando al suo interno la risorsa più importante: la terra!
Risorsa che che viene sottratta e sfruttata per il benessere di quegli stati, di quei poteri che portano e sostengono il progresso tecnologico a scapito di chi è alla continua ricerca di un’alternativa possibile, tramite l’autodeterminazione alimentare, la coesistenza e il rispetto di tutto il vivente.
Una guerra che non si consuma solo nei territori di battaglia, ma anche nelle vite che il capitalismo ci impone.

Ci hanno rinchiuso in case sempre più piccole, sempre più strette, senza più terra attorno, solo cemento.
Su quella terra dove si coltivava, hanno costruito le loro fabbriche, le loro ferrovie, le loro caserme.
Ci costringono a comprare cibo avvelenato – da erbicidi e pesticidi, cibo energivoro – prodotto sotto migliaia di ettari di serre riscaldate, conservato in enormi celle frigorifere, cibo usa e getta, e getta anche se non usa, perché scade.
Cibo che è la morte e lo sfruttamento di miliardi di animali allevati e catturati.
Cibo che per produrlo è stato ucciso tutto il resto – piante, microrganismi, foreste, comunità animali e umane.

Questo mondo e chi lo governa ci tolgono la possibilità di sopravvivere senza di loro, e quindi dover pagare per sopravvivere. Ci hanno tolto la possibilità e capacità di farci da mangiare e di vivere dei frutti della terra coltivata e selvatica.

I movimenti contadini e rivoluzionari di tutto il mondo – dell’india, del Messico, della Palestina… – resistono contro questo sistema di oppressione e messa in dipendenza, organizzandosi e lottando sapendo che un altro modo di vivere è possibile.

Riprendiamoci lo spazio.
Per re-imparare a coltivare e autoprodurre la nostra sussistenza, per farlo in comunità, farlo nei luoghi che ci hanno sottratto. Farlo nelle città, nelle campagne, sui monti.
Per recuperare la possibilità di vivere della comunità e della terra che abitiamo.
Conoscendola, rispettandola e non sfruttandola e avvelenandola.
Difendendola dalle devastazioni, dai continui attacchi di grandi opere inutili .

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Oggi nella bolla europea, che si vanta di tutelare i diritti inalienabili dell’essere umano, sta per essere rilasciata un arma che non risparmierà niente e nessuno: parliamo della nuova manipolazione genetica dei semi.

I TEA, acronimo di Tecniche di Evoluzione Assistita, stanno per fare il loro ingresso in agricoltura.
Li differenzia dai vecchi OGM: un nome neutro, non riconoscibile dal grande pubblico.
Questi semi produrranno polline fertile che contaminerà tutte le colture circostanti e l’intera biosfera, senza alcuna possibilità di difendersi.
Anche per chi cerca di coltivare in modo genuino, diventerà impossibile farlo.
Come diventerà impossibile sapere se il cibo che si sta comprando sia stato prodotto attraverso queste tecnologie o meno – poiché non sarà obbligatoria la tracciabilità.
Sono semi iperproduttivi – brevettati e in vendita – per sostenere il ritmo di questo ultracapitalismo al collasso climatico.
La manipolazione genetica e i suoi prodotti minacciano la biodiversità e le pratiche agricole locali; rendono dipendenti da una manciata di multinazionali che favoriscono la coltivazione e l’allevamento intensivi e coloniali.
Con il decreto siccità è stato dato il via alla sperimentazione in campo di questi semi anche nello stato italiano, a firmarlo all’unanimità i 12 senatori di fratelli d’italia.
Non lasciamoglielo fare ancora, resistere è possibile.

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Ma non è possibile una contadinanza patriarcale.
L’agri-cultura ci insegna l’ascolto, la cura, il rispetto; non possiamo pensare allora di poter sopportare o tollerare altre sopraffazioni.
Vogliamo smontare il sistema per cui l’uomo, le persone bianche, ricche o abbastanza produttive per questo mondo possano agire del potere o godere di un privilegio maggiore rispetto a chi non rientra in queste categorie.
Se vogliamo trasformare questo mondo dobbiamo responsabilizzarci anche delle oppressioni che agiamo a nostra volta; ovvero come interpretiamo i ruoli che la società ci ha assegnato; e come trasformarli.

Abbiamo bisogno di liberarci – sistemicamente e internamente – dalla cultura patriarcale della violenza, della sopraffazione, della guerra; e di tutto quello che costruisce dentro di noi.
Vogliamo comunità di cura, in cui non sfruttiamo il potere che possiamo avere e non soccombiamo a quello che ci viene imposto.
Per non dover resistere, invece, almeno tra di noi.

Resistere in questo presente, per noi e per tante altre comunità contadine, vuol dire riviversi la terra,
riprendersi le terre rubate dall’agroindustria, opporci alle devastazioni, occupare i luoghi abbandonati della speculazione, rimanere a radici salde nelle case che ci vogliono togliere, riconcepire la terra come risorsa e il cibo come ricchezza.
In campagna e in città riprenderci lo spazio, ricominciare ad autoprodurre e condividere la nostra sussistenza, fuori dallo sfruttamento e dallo stato.
Per tutto questo e tanto altro siamo qui oggi in piazza saremo domani in piazza tasso dalle 14 al mercato contadino e sabato alla coop di gavinana.
Due giornate di mobilitazione contro i nuovi ogm: i T.E.A.
E saremo il 18 maggio nella provincia di Pavia per una mobilitazione collettiva dove avrà sede il primo campo sperimentale di riso OGM, approvato nel marzo 2024 l’autodeterminazione alimentare è antifascismo.
L’autonomia contadina è resistenza.

La Comunità di Resistenza Contadina Jerome Laronze

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Palestina

Distruggere l’agricoltura per accelerare il genocidio

Secondo il Centro Satellitare delle Nazioni Unite (UNOSAT) e la FAO, a gennaio 2024 più di un terzo dei terreni agricoli a Gaza erano stati danneggiati dallo scoppio della guerra il 7 ottobre 2023. [International Food Policy Research Institute, 20/02/2024]Scrive Naomi Klein (stralci da Internazionale, num. 1558, Aprile 2024):

“La campagna di annientamento israeliana a Gaza non è il primo genocidio della storia moderna.

La cosa eccezionale, almeno dall’epoca del colonialismo, è la coesione che questa carneficina ha suscitato tra le élite politiche del nord del mondo, e in una certa misura anche al di là di queste.

In tutti gli schieramenti, dall’estrema destra rabbiosa al centrosinistra ipocrita, siamo di fronte a potenti che abbandonano le loro differenze per unirsi nell’appoggio a questi crimini contro l’umanità.

Lo stato ebraico si è modellato sulle leggi, le logiche e le pratiche coloniali razziste prese in prestito dalle precedenti epoche del colonialismo (forgiato dalle nostre nazioni).

Il messaggio della campagna israeliana è rivolto anche a tutti quelli che hanno benedetto l’aggressione. Il significato è semplice: le bolle dorate di sicurezza e lusso disseminate qua e là nel mondo saranno protette a ogni costo. Se necessario, anche con un genocidio.

Cos’altro dire? Forse solo questo: la guerra alla povertà è l’unica che vale la pena di combattere. O trasformeremo questa macchina della morte attraverso una ridistribuzione giusta della ricchezza, riportandola dentro limiti sostenibili dal pianeta, oppure questo incubo c’inghiottirà tutti.

Possiamo contare solo gli uni sugli altri. Possiamo fare affidamento solo sui nostri movimenti e sul potere che costruiamo insieme. Possiamo contare solo sulla nostra solidarietà, la nostra determinazione, la nostra volontà. E sull’impegno comune nei confronti del valore della vita. Con queste cose potremo costruire un mondo senza Iron dome. E conquistare la speranza”

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Palestina

Tragico errore?

“When you talk about food and water, people don’t want a solution one week from now, one month from now. The solution has to be now.” (José Andrès, World Central Kitchen, 2024)

7 volontari di WCK assassinati da Istraele a Gaza, aprile 2024

il genocidio non è mai un errore

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Palestina

Quali contadine e contadini per il futuro?

Vorremmo insegnare alle prossime generazioni il rispetto e la cura per la terra e per le creature che l’abitano.

Dovremmo trasmettergli i saperi e tramandargli le pratiche per una sana produzione e utilizzo dei cibi.

Ma come gli spiegheremo che abbiamo assistito in diretta alla devastazione di territori e di popoli (quasi sempre per avidità) senza averla saputa impedire?

Come ci giustificheremo per non aver saputo fermare la lucida crudeltà che spinge alla follia dei genocidi?

Ghassan Soleiman Abu-Sittah è un chirurgo plastico che ha lavorato negli ospedali di Gaza dopo il tragico ottobre 2023.

Nei suoi racconti parla dei bambini e delle bambine. Parla delle persone alle quali la nostra generazione dovrebbe trasmettere i valori con cui prendersi cura del mondo di domani.

I racconti di Abu-Sittah (come tanti altri) non lasciano alcuna possibilità di voltarsi dall’altra parte. Non si potrà più dire “non avevo capito la gravità di questa cosa”.

Gli ultimi giorni ad Al Shifa avevamo esaurito tutto. Amputavamo un braccio e poi davamo il paracetamolo: i pazienti morivano di dolore. Molte ferite si infettavano. Cercavamo di fare quello che potevamo per tenerle pulite. Ma non avevamo morfina né anestetici, come la ketamina. Eseguivamo procedure chirurgiche davvero dolorose senza anestesia, anche sui bambini. Un giorno ho dovuto pulire la ferita di una bambina di 9 anni. In medicina questa procedura la chiamiamo “sbrigliamento”, si tratta della rimozione del tessuto danneggiato o infetto: farlo senza anestesia è dolorosissimo. Ho le sue urla nel cuore. Lei urlava, suo padre piangeva, io lavoravo e intanto mi cadevano le lacrime, non riuscivo a frenarle. Aveva la febbre alta, le ferite da schegge erano piene di pus, se non avessimo agito subito sarebbe morta. Le rimuovevo parte dei tessuti, lei piangeva disperata, e io anche. È un atto barbarico farlo senza anestesia. Non so se oggi sia ancora viva, spero di sì. Questo mi fa impazzire.

Fonte: intervista su Corriere della Sera, 02/12/2023

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No-OGM

Perché diciamo NO ai Nuovi OGM

1. Perché i nuovi OGM non sono sicuri per la salute

Descritte come tecnologie mirate e precise, le New Genomic Tecnniques provocano in realtà anche centinaia di tagli involontari e casuali nel DNA dell’organismo “bersaglio”.

Secondo l’Agenzia per la salute e la sicurezza alimentare francese, questo può portare le piante a sviluppare tossine e allergeni nuovi e potenzialmente dannosi per la salute.

2. Perché i nuovi OGM non sono la risposta al cambiamento climatico

I promotori dell’ingegneria genetica sostengono che le loro tecniche siano in grado di ridurre l’uso di pesticidi e fornire colture adatte a condizioni climatiche estreme come la siccità e agli agenti patogeni.

Queste affermazioni sono prive di fondamento.

Negli ultimi trent’anni, le colture geneticamente modificate hanno portato a un aumento dell’uso di pesticidi e non si sono dimostrate più tolleranti alla siccità.

3. Perché i nuovi OGM sono un business per le multinazionali

Bayer-Monsanto, BASF, Corteva e Syngenta sono le più grandi multinazionali agrochimiche e sementiere del mondo. Insieme, hanno in mano il 62% del mercato globale delle sementi.

Tramite i brevetti sulle NGT renderanno gli agricoltori sempre più dipendenti da un manipolo di aziende.

C’è di peggio.
In un sistema dove non c’è più tracciabilità, la biocontaminazione causata da pollini OGM migrati grazie agli impollinatori o agli agenti atmosferici, potrebbe spingere tratti brevettati da un campo all’altro, inquinando quelli di agricoltori biologici o non-OGM. A quel punto, le aziende detentrici dei brevetti potrebbero denunciare i contadini per violazione della proprietà intellettuale, l’agricoltura biologica perdere il suo valore e la nostra sicurezza alimentare essere messa a rischio.

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Palestina

OHCHR: “raggiunta la soglia che indica che Israele ha commesso un genocidio”

Ground invasion and aerial bombardment have destroyed agricultural land, farms, crops, animals and fishing assets, gravely undermining people’s livelihoods, the environment and agricultural system.

Conclusion: “There are reasonable grounds to believe that the threshold indicating Israel’s commission of genocide is met.

Anatomy of a Genocide – Report of the Special Rapporteur on the situation of human rights in the Palestinian territories occupied since 1967, Francesca Albanese

Human Rights Council, Fifty-fifth session, 26 February–5 April 2024
Agenda item 7 – Human Rights situation in Palestine and other occupied Arab territories

Leggi qui il rapporto originale integrale.

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Palestina

Mazin Qumsiyeh, biologo palestinese resistente

La Palestina non è mai stata un Paese povero e non aveva problemi strutturali o una carenza di risorse naturali. I palestinesi crescevano il loro cibo e lo esportavano: la maggior parte degli agrumi in Europa venivano importati dalla Palestina qualche anno fa. Siamo parte della mezzaluna fertile, dove gli esseri umani hanno sviluppato l’agricoltura. Poi, è arrivato il sionismo e ha portato povertà e pulizie etniche. Dei 13 milioni di palestinesi nel mondo, 7,5 sono rifugiati o sfollati”.

La colonizzazione ci ha preso 11 migliaia di miliardi di dollari di proprietà, fra case, terre ecc. Come i Bantu in Sudafrica, che erano dipendenti dall’economia sudafricana perché erano sotto assedio e non potevano produrre e importare il loro cibo, noi ora siamo nella stessa situazione. Israele guadagna 12 miliardi di dollari all’anno tenendo l’economia della Cisgiordania in ostaggio. E questa cifra non tiene conto del saccheggiamento delle risorse naturali: acqua, minerali del Mar Morto, petrolio e gas naturale sulla costa del Mediterraneo, in acque palestinesi. Anche escludendo le terre occupate nel 1948, il gas naturale nel Mediterraneo e nelle acque al largo della striscia di Gaza, che è stata occupata nel 1967.”

Tutte queste politiche violano le leggi internazionali.

Secondo Mazim Qumsiyeh la colonizzazione può finire in tre modi: con i colonizzatori che se ne vanno (come in Algeria), con il genocidio dei nativi (come nelle Americhe), o con la convivenza tra i discendenti dei colonizzatori e dei colonizzati.
Non c’è un quarto scenario.
Dividere un Paese fra colonizzatori e colonizzati non è un’opzione possibile, non è mai successo, non può succedere per tantissime ragioni.

Mazin Qumsiyeh è un biologo, scrittore e attivista non violento palestinese. Ha vissuto molti anni negli Stati Uniti, ha insegnato a Yale e alla Duke University, è tornato in Palestina nel 2008. È stato fondatore e tesoriere nazionale di Al-Awda, la Coalizione per il diritto di ritorno palestinese negli Stati Uniti. È stato presidente della Fondazione per la conservazione della Terra Santa e dell’Associazione mediorientale di genetica. Fondatore e Presidente del Museo di storia naturale della Palestina e dell’Istituto per la biodiversità e la sostenibilità all’Università di Betlemme.

I brani qui sopra vengono dall’intervista di Mazin Qumsiyeh a Irene Ivanaj che trovi qui completa in originale.

Qui in podcast l’intervista a Mazin Qumsiyeh per Stories di Cecilia Sala.

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Dicono di noi

Comune-info 05/03/2024

Le trecento persone che si sono incontrate a Roma per la tre giorni “Cambiare il campo” hanno messo a confronto esperienze e desideri intorno al tema dell’agricoltura contadina, ma hanno anche dimostrato che è possibile camminare insieme. Un’assemblea permanente tra tanti attori diversi non ha bisogno di essere immaginata, la si crea facendola. La prima proposta è già in campo: un insieme di iniziative diffuse per fermare la deregolamentazione dei nuovi Ogm in Italia e in Europa

Oltre trecento persone provenienti da più di novanta organizzazioni contadine, ambientaliste, dei lavoratori, dell’economia solidale, dai movimenti per la giustizia climatica, dall’accademia e da collettivi autorganizzati si sono incontrate a Roma, in una “conferenza contadina” tenutasi dall’1 al 3 marzo presso la Città dell’Altra Economia. Organizzata da un collettivo promotore, con il supporto del Centro Internazionale Crocevia (e il contributo dell’Unione Buddhista Italiana), la conferenza si è data l’obiettivo di mettere a confronto esperienze, bisogni e soluzioni dal basso per favorire la convergenza di attori che rappresentano un’alternativa già esistente ma sottovalutata al sistema agricolo industriale.

Questo modello, basato su monocolture, chimica di sintesi e ipermeccanizzazione, è responsabile della perdita di biodiversità agricola e alimentare, legato a logiche di standardizzazione e de-stagionalizzazione tipiche della grande distribuzione, corresponsabile della crisi climatica e della strutturale precarietà del lavoro bracciantile.

A questa visione, la conferenza contrappone la forza delle più avanzate pratiche ecologiche nella produzione del cibo, che fanno riferimento all’agroecologia e al concetto di sovranità alimentare coniato dai movimenti contadini internazionali. Queste esperienze sperimentano forme comunitarie e territoriali di economia sociale e solidale, di cura gli ecosistemi, dei diritti sociali e della biodiversità.

L’impegno emerso dalla tre giorni è concretizzare la convergenza dei tanti attori del cambiamento verso un’assemblea permanente delle realtà organizzate, capace di azioni concrete e capaci di incarnare una narrazione nuova e un modello diverso, volto a rispondere alle sfide della crisi climatica, economica e di democrazia che oggi attanagliano il nostro paese e il pianeta in generale.

In questi ultimi mesi abbiamo visto un’accelerazione da parte dei gruppi di interesse dell’agroindustria per far fallire le spinte verso una transizione dell’agricoltura. Per questo è stato importante l’incontro di tutte le realtà che in Italia realizzano ogni giorno una visione diversa.

La conferenza contadina è un primo passo per dimostrare che l’alternativa non è solo possibile, ma è già in atto. Il processo di convergenza verso forme di dialogo nazionale tra le organizzazioni è ciò che serve per mostrare che non si tratta di esperienze singole e atomizzate, ma di attori del cambiamento con la volontà di modificare gli attuali rapporti di forza.

La prima proposta è già in campo: una mobilitazione nazionale per fermare la deregolamentazione dei nuovi OGM in Italia e in Europa. Tra il 25 aprile e il 1° maggio gli attori della convergenza si mobiliteranno sui territori per far sentire la voce di chi difende il principio di precauzione, rifiuta la contaminazione delle proprie colture ad opera di organismi geneticamente modificati e brevettati dalle grandi imprese e vuole mantenere etichettatura e tracciabilità per garantire la libera scelta ai consumatori. A fine maggio si prevede una seconda tappa della campagna contro la liberalizzazione dei nuovi OGM, con una manifestazione nazionale a Roma.

A partire da questi primi appuntamenti, il movimento per la convergenza agroecologica e sociale continuerà il suo lavoro di tessitura e allargamento, per convogliare la ricchezza della diversità degli approcci in una voce organica e capace di fare da contraltare a quella dominante.

Leggi qui l’articolo originale completo

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Dicono di noi

Comune-info 04/03/2024

L’ossessione del mercato per il nuovo, considerato di per sé migliore, ha finito per sviluppare un’allergia per qualsiasi cosa che venga considerata innovativa. Anche nel più interessante pezzo del movimento contadino che si è riunito a Roma per rafforzare le alternative contadine e agroecologiche alla filiera del cibo industriale rimbalza la domanda se sia sufficiente tornare alla forme tradizionali di produzione contadina. In realtà, l’agricoltura contadina ricorda che la tradizione è il frutto di millenni di innovazione dal basso, un processo che è stato rallentato dall’agri-business. E allora, scrive Massimo De Angelis, l’innovazione bisognerebbe chiamarla così, senza peli sulla lingua, compagna, per distinguerla da quelle innovazioni che servono solo a riprodurre il capitale. Nell’innovazione compagna, la misura delle cose che legittima la propria introduzione non è un elemento isolato puramente quantitativo – come l’aumento della produttività o dell’efficienza per l’innovazione capitalistica -, ma una configurazione di bisogni e desideri basata su più fattori: la riduzione del tempo di lavoro, la cura del suolo e degli ecosistemi, l’aumento della redditività delle piccole produzioni contadine schiacciate dal mercato capitalistico, il mantenimento di prezzi a livelli che rende prodotti genuini accessibili….

Leggi qui l’articolo completo originale

E leggi su comune–info.net anche i commenti critici:

  • Giovanni Pandolfini, 04/03/24 “analisi e commento della tre giorni legittimo ma molto personale e scivolosissimo. Anche io ero presente ai lavori della conferenza e quanto espresso in questo articolo è (meno male a mio avviso) tutt’altro che condiviso da molti dei presenti. Un passo falso verso la convergenza auspicata dagli organizzatori
  • Roberto R., 06/03/24 “Si, è bello pensare all’innovazione (e alle tecnologie, e alle energie, e alle scienze, …) come compagne. Bello utilizzarle nei nostri campi e nelle nostre vite per fini differenti da quelli per i quali sono nate. In contesti conviviali, rispettosi dell’umano e dell’oltre-umano, oltre e contro gli schemi dominanti.
    Ma queste innovazioni (e tecnologie, ed energie, e scienze, …) non nascono spontanee. Sono frutto quasi sempre di ricerca e lavoro e tempo governati da progetti pensati e finanziati e sviluppati in un mondo che non vorremmo.
    Per questo non basta pensare all’innovazione compagna ma dobbiamo anche risolvere il problema della <<ricerca compagna>>. Questo dev’essere il prossimo passo.
  • Bernardo G., 07/03/24 “L’innovazione tecnologica si fa con la ricchezza economica da investire in primis nella ricerca e per costruire le macchine non serve solo denaro. Serve disponibilità di risorse minerarie preziose, e serve manodopera (a basso costo di preferenza) ed energia disponibile per costruirle. Poi ci dovremo ancora indebitare per comprarle e per pagare le bollette per farle muovere…
    Questo tipo di ricchezza per questo tipo di innovazione è frutto del gioco dell’economia capitalista che, quando non è di sfruttamento, è un’economia di guerra!
    Quando poi il gasolio, il gas, i metalli e il cibo arriveranno di nuovo alle stelle, dovremo decidere se mettere in moto il trattore per vangare o il furgone per andare a fare il mercato. Altro che innovazione tecnologica! A quel punto guarderemo di nuovo la zappa ma forse non avremo più neanche la terra.”
  • Aldo Zanchetta, 09/03/24 “Il lemma dell’Esposizione Universale di Chicago del 2033 diceva: La scienza scopre – La tecnica applica – L’uomo si adatta.
    Da allora l’uomo è stato costretto sempre più ad adattarsi …
    Questa è la logica intrinseca dell’homo tecnologicus.
    Illich, che lei cita, aveva detto: Quello che più mi preoccupa non è ciò che la tecnica fa ma iò che dice alla mente dell’uomo.
    E oggi sappiamo alcune cose che gli ha detto.”